domenica 29 aprile 2012

ADDIO DIDALA

Da "LA NAZIONE" cronaca di Lucca del 29 aprile 2012:




"CORRI, Didala, corri. La piccola staffetta partigiana può liberamente tornare dal suo Chittò con il cui dolce ricordo ha vissuto per 68 anni, da quando quel maledetto giorno del '44 dei maledetti nazisti glielo portarono via per sempre uccidendolo in un agguato. La piccola staffetta partigiana ha fatto ieri la sua ultima corsa, sostenuta dall'affetto dei figli della Resistenza'. Figli che, in attesa dell'inizio della cerimonia funebre nella sala del consiglio del comune a Viareggio, hanno intonato O bella ciao'. Erano presenti anche alcuni esponenti delle istituzioni lucchesi. Un'esecuzione da brividi. Senza base musicale, ritmata soltanto dal battito delle mani e con quelle parole, poco più che sussurrate che sembravano scritte per lei, quasi raccontassero al mondo la vera storia di Ciro e Didala, partigiani per amore. Per questo, forse, è sempre stata la sua canzone preferita. Sarebbe stata contenta di ascoltarla un'ultima volta. Come lo era stata a S.Anna il 25 aprile nel giorno delle celebrazioni. Lo aveva confidato a Ciro, il suo nipote. «Sono stata proprio bene oggi  gli aveva detto alla sera  . Domani potrei anche morire». Ed è quello che è accaduto. Ed è strano che quella confidenza l'abbia fatta proprio a lui, il nipote che vedeva meno di altri visto che abita a Firenze, ma che porta il nome del nonno, di Ciro Bertini, di Chittò, del simbolo di quella resistenza di cui lei, Didala, è stata prima parte attiva e poi testimone appassionata.  FRAMMENTI di vita privata che Ciro Bertini ha voluto rendere pubblici prima di lasciarsi andare in un abbraccio caloroso col padre Riccardo, unico frutto di quell'amore nato fra le montagne della Resistenza fra Didala e Chittò. L'amore e la speranza, le uniche armi che quei ragazzi avevano per sconfiggere paura e disperazione di quei tempi. Anche a distanza di 60 anni e più, Didala «sentiva ancora le mani di Chittò sulle spalle e la faceva piangere di dolcezza». Ma ne era valsa la pena, come ricordava spesso lei e come ha ricordato ieri mattina, nel salutarla, il presidente della Provincia Stefano Baccelli. Certo che ne era valsa la pena. E lo devono sapere anche tutti quelli che quei giorni terribili, per fortuna, non li hanno vissuti, ma ne hanno raccolto, inconsapevolmente, i benefici, come ha ricordato il vescovo Italo Castellani in una lettera letta da don Sonnenfeld. La sala del consiglio ieri trasudava di quei valori genuini e di quei sentimenti. Il feretro ricoperto da un Tricolore consunto e logoro, specchio di tante battaglie, era lì a testimoniarlo. Insieme alla schiera di autorità civili e militari: insieme soprattutto ai vertici regionali e nazionali dell'Anpi e ad alcuni superstiti della guerra, ex combattenti al fianco di Ciro e Didala: con passo malfermo, aggrappati a un bastone, sorretti da un figlio o a un nipote hanno voluto rendere omaggio alla compagna che non c'è più e a quella bandiera in nome della quale hanno sacrificato la loro gioventù. Ora le fatiche di Didala sono finite.  ORA LA PICCOLA staffetta partigiana  così apparentemente fragile nel corpo, ma estremamente forte nel carattere  può correre libera insieme al suo Chittò. Il sindaco di Viareggio Luca Lunardini, che l'aveva accompagnata a S.Anna il 25 aprile, le ha augurato un buon viaggio, i compagni le hanno intonato un'ultima volta O bella ciao'. Ora le sue ceneri riposeranno accanto a quelle del marito, ma Viareggio ricorderà per sempre la bella storia di dolcezza e patriottismo di Didala e Chittò, partigiani veri, partigiani per amore. Paolo Di Grazia "

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