venerdì 26 giugno 2015

NUOVI DOCUMENTI SULLA FORMAZIONE “SILVANO FEDI”

Riceviamo da Roberto Daghini il suo articolo che qui di seguito pubblichiamo.

NUOVI DOCUMENTI SULLA FORMAZIONE “SILVANO FEDI”


di ROBERTO DAGHINI
Resi pubblici e consultabili due faldoni di circa mille carte. Un attento esame potrebbe, se non chiarire del tutto certe vicende, almeno aggiungere nuove e preziose notizie alla storia

Silvano Fedi
SERRAVALLE. All’Archivio Centrale dello Stato, a Roma, sono stati resi pubblici e consultabili, due faldoni, di circa mille carte, sulla formazione partigiana anarchica Silvano Fedi di Pistoia e di Ponte Buggianese.
La prima operò, fin dalla fine del 1943, nella piana Pistoiese. Di ispirazione libertaria, fu l’unica formazione autonoma dal Cln (Comitato Liberazione Nazionale), il cui capo Silvano Fedi riuscì a aggregare tra collaboratori e partigiani combattenti, circa 54 uomini.
Comandate dotato di un forte carisma, umanità e soprattutto onestà, per i suoi metodi non era ben visto non solo dai fascisti, ma neppure dai comunisti e da parte dei suoi collaboratori, che lo vedevano come un temibile avversario.
Fu accusato anche dai suoi compagni di convivere con il repubblichino Licio Gelli, da cui riuscì a ottenere una collaborazione retribuita per la liberazione dei prigionieri alle carceri di Pistoia; vari assalti alla Questura e al comando repubblichino, posto all’interno della fortezza Santa Barbara.
Nella zona controllata dalla sua formazione, sulla via Fiorentina, tra Olmi, Barba e Bottegone, una banda di ladri, alcuni simpatizzanti comunisti, effettuarono rapine a persone benestanti, alcune filofasciste.
Quattro furono fucilati dai tedeschi, ad altri, individuati, fu detto di consegnare il bottino: secondo le carte del processo questo fu fatto solo in parte, forse il denaro mancante prese altre strade, anche di finanziamento al Pci, o a formazioni ad esso collegate, come era avvenuto per la rapina per le paghe della Smi, operata dalla formazione Comunista Brigata Bozzi.
Anche se questa versione non trova molti sostenitori, può essere un’ipotesi da non scartare. Depositario di molti segreti scomodi, il 29 luglio 1944 a Casalguidi, in località Montechiaro, mentre con il suo comando attendeva qualche persona importante, oltre ai ladri, fu oggetto di un agguato da parte tedesca.
Otre a lui morì, anche il suo luogotenente Giuseppe Guilietti detto “Genova” e, successivamente, il 1° agosto, fu fucilato anche il cantagrillese Brunello Biagini.

Partigiani della Brigata Bozzi
Questi nuovi documenti sono le carte della formazione e le biografie dei partigiani. Sono state versate dal Ministero degli Interni, esercito ricompartigiani all’Archivio Centrale dello Stato. Anche se il tutto non è ancora stato ordinato, da una prima analisi stranamente il fascicolo di Silvano Fedi risulta non presente, mentre lo sono quelli dei componenti della formazione.
Un attento esame dei documenti potrebbe, se non chiarire del tutto la vicenda, almeno aggiungere nuove e preziose notizie. Questo perché le principali fonti (Questura e Prefettura del 1944) non sono ancora reperibili. È doveroso rilevare che a seguito di inevitabili dispersioni e distruzioni accidentali, connesse alle vicende belliche e alle
operazioni di trasferimento e di recupero, e di distruzioni intenzionali in conseguenza dei mutamenti politici, la documentazione di tutto il periodo bellico, e in particolare quella della Rsi, ha subito gravissimi depauperamenti e si presenta, pertanto, molto frammentaria e lacunosa.
Basti pensare che alla fine della guerra, dopo il 25 aprile del 1945, le operazioni di recupero degli archivi degli organi centrali dello Stato sono variamente fortunose: va disperso l’archivio del Gabinetto del Ministero dell’Interno, secondo lo storico Risaliti in parte portato dai Russi da Berlino a Mosca.
Partigiani della Brigata Bozzi
Solo nel 1947, con la firma del trattato di pace, il governo italiano riprende il pieno possesso dei propri archivi. Contrariamente a quanto sembrava deciso in un primo momento, gli archivi della Commissione alleata di controllo non vengono lasciati in Italia, ma vengono portati a Washington.
L’amministrazione archivistica italiana ne sta completando l’acquisto in microfilm per l’Archivio centrale dello Stato: della cospicua parte già acquisita è in corso l’elaborazione di uno strumento di ricerca informatico. Sicuramente l’archivio della Questura Pistoiese conteneva notizie importati, basti pensare che il vice Questore Scripelliti fu ucciso per i documenti sensibili da lui posseduti.
Questo era integro, perché nel 1945 furono richiesti documenti per l’istituzione di processi. Il materiale sensibile potrebbe aver trovato collocazione nell’archivio del Senato, presso la Commissione Stragi, ma ancora non vi sono certezze sulla sua destinazione finale.
Poter esaminare queste carte vorrebbe dire trovare risposte ai molti misteri Pistoiesi. Speriamo che non sia così fra cento anni.


Tutti i diritti riservati