venerdì 27 dicembre 2013

IN RICORDO DI SOMMOCOLONIA




Da "Il Giornale di Barga" di oggi:


"Sommocolonia 1944-2013. Si intitola così il pomeriggio organizzato dalla sezione ANPI di Barga “Mrakic-Marroni” e dalla sezione Val di Serchio “Leo e Marino Lucchesi”, per ricordare i tragici fatti della battaglia del 26 dicembre 1944, dove tra civili, soldati e partigiani, ci furono quasi cento vittime.
Un pomeriggio di riflessione, musica, studio e approfondimento sulla battaglia, che si aprirà alle 15,30 con gli interventi delle autorità e dei presidenti delle sezioni Val di Serchio e di Barga dell’ANPI."


http://www.giornaledibarga.it/index.html?pg=8&id=8641


venerdì 6 dicembre 2013

ADDIO, TIZIANO




Diamo notizia di quanto comunicato dalla famiglia sul quotidiano LA NAZIONE Cronaca di Pistoia del 6 dicembre 2013.

"Il giorno 4 Dicembre 2013 alle ore 22.50 è deceduto  Tiziano Palandri  Ne danno il triste annuncio la sorella, il fratello e la Famiglia tutta. Le esequie avranno luogo domani, Sabato 7 Dicembre 2013 alle ore 10.00 presso la Chiesa della Misericordia di Pistoia.  

 E' MORTO, all'età di 92 anni, Tiziano Palandri, uno dei partigiani di spicco della Resistenza pistoiese, testimone anche dei passaggi più... scabrosi. Palandri, infatti, è stato attendente sia di Silvano Fedi che di Manrico «Pippo» Ducceschi, due capi partigiani scomparsi tragicamente, in circostanze non ancora chiarite. Operaio specializzato dell'allora San Giorgio, militante nel Partito d'Azione, Tiziano Palandri fuggì dalla Jugoslavia e tornò in Italia proprio l'8 settembre '43 entrando subito nella Resistenza. Fece parte della formazione di Silvano Fedi, partecipando alle azioni più eclatanti della storia pistoiese, per uscirne nel giugno del '44  a causa di divergenze con lo stesso Fedi  ed entrare nel gruppo di Pippo Ducceschi. Palandri era anche uno degli uomini della Oss, l'organismo degli Alleati che collaborava con i partigiani. Dopo la guerra, Tiziano Palandri (fratello di Graziano, ex vice sindaco e consigliere regionale del Pci) ha lavorato nella sua azienda del ramo petroli. I funerali si terranno domani mattina, alle 10, nella chiesa della Misericordia." 


domenica 1 dicembre 2013

SULLE TRACCE DEGLI AEREI CADUTI DURANTE LA GUERRA MONDIALE






Da LA NAZIONE Cronaca di Lucca del 01.12.2013

"ALMENO 13 aerei caddero in Garfagnana tra il 1943-1945. La ricerca di resti continua nella Valle di Soraggio, a Camporanda, grazie all'impegno di un gruppo di volontari, ricercatori e appassionati di storia della Valle del Serchio, Mario Pellegrinetti, Francesco Pioli, Mariano Verdigi, Franco Bravi, Tommaso Teora, con l'appoggio tecnico di esponenti dell'associazione ricerca di aerei caduti in guerra A.C.Po di Cremona. «Altri cinque - dice Verdigi - sono i nostri obiettivi: scoprire dove cadde il P-47D del luogotenente Fromm, caduto il 20 ottobre 1944 tre miglia a ovest di Gallicano; poi ricerca del P-47D del luogotenente Matula, caduto a Caprignana di S.Romano l'8 febbraio 1945; l'aereo caduto a Palleroso di Castelnuovo il 13 febbraio 1945; ricerca dell'aereo caduto a Fosciandora il 25 agosto 1944. Infine sulle tracce di quelli abbattuti tra Volcascio e Fosciandora». D.M."



Altri link:

http://www.archeologidellaria.org/index.php?topic=1521.0

http://www.ilgiornaledicastelnuovo.it/giornale/giornale62_Giornale.pdf

http://www.inilossum.it/caduti_in_garfagnana.html


venerdì 22 novembre 2013

STUDIOSI A BORGO A MOZZANO




IL MUSEO della Memoria di Borgo a Mozzano e le fortificazioni della Linea Gotica hanno ricevuto la visita di una delegazione di studiosi della Seconda guerra mondiale provenienti dalla Normandia, teatro dello sbarco alleato avvenuto il 6 giugno 1944, data nota come D-Day. Il gruppo era formato dai professori Marc e Luc Braeuer, rispettivamente curatore e direttore del museo di guerra, noto come Gran Blockhaus di Batz. Sur Mer (Francia), che ha al suo attivo circa 40mila visitatori all'anno. Luc ha anche pubblicato numerosi studi sul Vallo Atlantico e sulla guerra dei sommergibili. Accompagnavano i due fratelli, Sebastien Hervouet, autore con i Braeuer della Guida Europea dei musei della Seconda guerra mondiale,Tony Herent specialista in armi, Alen Durrieu storico, Michel Quettier studioso del Vallo Atlantico e Rodolph Nageale studioso della Luftwaffe in Francia. Sono stati accolti da Marcello Martini e Piergiorgio Pieroni, rispettivamente presidente e direttore del Museo e dalla professoressa Guasparri in qualità di interprete. Alla fine della visita  gli ospiti hanno espresso un entusiastico giudizio sul lavoro svolto dal Comitato, auspicando l'inizio di una collaborazione. Marco Nicoli "  da LA NAZIONE cronaca di Lucca del 22.11.2013.

sabato 19 ottobre 2013

UN INTERESSANTE DATABASE



Segnaliamo la costituzione di un interessante archivio digitale per la ricerca di persone scomparse durante le ultime 2 guerre mondiali. E' sufficiente, infatti, avere a disposizione un computer e andare all'indirizzo


Una volta entrati nel sito, si procede con la scelta della regione e della provincia di origine del familiare disperso che si sta cercando. Qui sono infatti classificati tutti i morti sepolti in luoghi lontani dall'Italia, ma dei quali si conosce il luogo e la data di nascita. Si tratta di un robustissimo database compilato da Roberto Zamboni, un veronese che intrapresa una ricerca di alcuni suoi parenti caduti in guerra ha poi voluto condividere il copioso materiale raccolto con la comunità e per questo ha ricevuto moltissimi riconoscimenti. 

SENTENZA SU CEFALONIA


Da LA NAZIONE cronaca di Pisa del 19.10.2013:

" «SONO molto contento che quell'assassino sia stato condannato». E' stato questo il commento dell'unico superstite della strage di Cefalonia, il pisano Libero Cosci. Così quest'uomo, oggi di 93 anni, ha avuto giustizia dopo settant'anni di attesa. Il suo commento è giunto alla notizia della condanna all'ergastolo per Alfred Stork , il militare tedesco, novantenne, accusato di aver partecipato alla fucilazione di «almeno 117 ufficiali italiani» a Cefalonia, nel settembre 1943. Purtroppo una condanna giunta a scoppio troppo ritardato e in contumacia. Cosci era sergente maggiore e come gli altri suoi commilitoni venne mitragliato dai tedeschi ma scampò alla morte. «RESTAI VIVO  racconta  perché rimasi per otto ore sotto ai cadaveri dei miei compagni». Quando i militari tedeschi finalmente si allontanarono dopo aver finito gli agonizzanti con un colpo di revolver alla testa, riuscì a raggiungere una casa di abitanti dell'isola che gli prestarono aiuto e lo nascosero. La scorsa settimana Libero Cosci è partito da San Frediano a Settimo ed è tornato a Cefalonia, ha rivisto i luoghi della tragedia della Acqui, la Casetta Rossa dove i Gebirsgjager di Stork massacrarono gli ufficiali. Ha rivisto anche lo stesso luogo dove spararono a lui, un mare di ricordi amari che ancora oggi a 70 anni da quell'eccidio gli fanno venire gli incubi di notte. «La condanna all'ergastolo è giusta, meno male che è arrivata: io ho il dovere di tenere viva la memoria dei miei commilitoni, di tenere fede, rispettare quelle urla tra gli spari e i pianti: io devo ricordare e raccontare. Chi vive racconti'». LA VICENDA umana di Libero Cosci non finì a Cefalonia: fu poi prigioniero dei tedeschi in continente per finire con i partigiani in Montenegro, con altri drammi, altri lutti e tragedie. «I titini provarono a fucilarmi per tre volte, ma mi salvò un mio amico dicendo che ero reduce da Cefalonia, solo che lui invece cadde sotto al piombo dei partigiani jugoslavi dopo avermi salvato. Meno male che l'hanno condannato, quell'assassino  dice ancora . La decisione del Tribunale militare mi sembra giusta per la storia  chiude emozionato  continuate a parlare di noi, non dimenticateci, anche quando fisicamente non ci saremo più»."

giovedì 17 ottobre 2013

NEL SEGNO DEL TRICOLORE

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo:


domenica 4 agosto 2013

LA CASA DI SILVANO



«ESISTE tuttavia il fondato motivo e la preoccupazione che la casa natale di Silvano Fedi, dove il partigiano pistoiese nacque nel 1920, possa essere perduta come memoria storica della comunità locale». L'allarme è lanciato dall'associazione Proteo, da cui si esprime preoccupazione per le sorti dello stabile. L'immobile, villetta con ampio giardino, è ubicata nell'attuale via Martino Bianchi, un tempo via del Villino, per lunghi anni residenza ed ambulatorio medico del fratello di Silvano, il dottor Filiberto Fedi il cui unico figlio, omonimo dello zio, medaglia d'argento al valor militare, ha ereditato la villetta alla morte del padre. «PER UNA SERIE di complesse vicende che vedono interessati il giudice tutelare del tribunale di Pistoia, il Comune di Pistoia, il servizio di assistenza sociale ed il proprietario, il rischio che il bene immobile venga posto sul mercato è abbastanza reale e concreto  sostiene il presidente Proteo, Fabrizio Carraresi . Una situazione che merita di essere chiarita non solo per gli interessi legittimi del signor Fedi, ma anche come contributo informativo e conoscitivo alla collettività sul destino di un luogo simbolico della nostra memoria locale». L'associazione culturale Proteo prende spunto da questa situazione per avanzare una proposta ed un progetto precisi e cioè di prendere in considerazione la possibilità, una volta chiarita la volontà delle parti ed il profilo giuridico della vicenda, di ospitare nell'immobile in questione un centro-studi-archivio sulla resistenza a Pistoia, a intitolare a Silvano Fedi. Le finalità prevalenti del progetto potrebbero rintracciarsi nella promozione di attività di studio e di ricerca sulla figura di Silvano Fedi, vittima di un agguato tedesco a Vinacciano il 29 luglio 1944, sui temi della seconda guerra mondiale e sulla Resistenza nella sua dimensione locale.

(Da LA NAZIONE di Pistoia del 04.08.2013)

domenica 28 luglio 2013

DAVVERO UNA STRANA GIORNATA!


Qualche tempo fa, una ragazzina di 14 anni mi sorprese affermando “A cosa serve la Storia? Secondo a me a niente!”. La risposta ovviamente fu immediata: la Storia è la memoria dei popoli quindi siamo noi, il nostro  vissuto, i nostri genitori e, in senso piu’ ampio, la Patria, le Tradizioni. Insomma, il nostro passato che serve a costruire il presente e soprattutto il futuro.

Questa mattina, nel sentire  gli interventi che si sono succeduti a “La Pianaccina” dove, ogni anno, si commemora l’XI Zona e il suo Comandante “Pippo”, e’ tornata prepotente alla mente quella domanda. A cosa serve la Storia? Si avvicendavano infatti con interventi lunghissimi e poco attinenti, a dire il vero, per zona e compagine, le associazioni nazionali politicizzate. E pensare che Pippo era apartitico ed evitava assolutamente che i suoi uomini parlassero di politica!
A che serve la Storia? Sembrava quasi voler rispondere chi si fregia del titolo di Comandante, malgrado fosse stato solo un Vice, salvo poi essere esautorato del tutto da Pippo stesso per gravi motivi e che adesso in una lettera, ringraziava le suddette associazioni mentre fino a poco tempo prima le evitava accuratamente, almeno a parole.
Allora, a che serve la Storia? Serve soprattutto a capire cosa abbia mosso un ragazzo poco piu’ che ventenne a prendere, in un determinato momento storico, la via dei monti, a sopportare dolori fisici, fatica e sacrifici di ogni tipo per un suo ideale. Serve ad imparare dagli errori del passato per non ripeterli piu’ nel presente, serve soprattutto a cercare di capire cosa pensavano quei giovani di allora perche’ ci accorgeremmo con sorpresa che, dopotutto, i loro pensieri non sono poi troppo lontani da quelli dei giovani di adesso e leggeremo le loro gesta con la stessa meraviglia che loro stessi hanno provato in quei giorni, trovandosi improvvisamente sulle spalle un compito assai piu’ grande della loro giovane eta’.
Ecco, di seguito,  quanto avrei letto stamattina ma che invece ho preferito, alla fine, riservare solo a pochi:

“PIPPO” VISTO DA “PELO”

Tratto dalle memorie di “Pelo”,  Aldo BATTAGLINI, partigiano dell’XI Zona.

Il partigiano “Pelo” pensava al giorno in cui aveva fatto la conoscenza di Pippo, il comandante. Pippo era il suo nome di battaglia: il suo vero  nome  era Manrico Ducceschi ed era  pistoiese.
           
            Ne aveva sentito parlare spesso, dalla gente  del posto  ed anche dai tedeschi. Ed era un personaggio che incuteva un certo timore ed era  a volte descritto come un gigante barbuto, violento, sanguinario.

            In uno dei primissimi, sofferti, combattuti, travagliati giorni da partigiano se lo era trovato davanti: un  tizio che si faceva subito distinguere dalla massa degli altri per  il  viso aperto, gli occhi vivaci, luminosi: l’aspetto di  uomo  intelligente e sveglio. Non un gigante  barbuto dall’aria  feroce ma un giovane alto forse un metro  e  settanta, dalla  faccia  ferma, decisa, ma dai lineamenti  gentili,  nobili.

            Chi  gli  era  intorno lo chiamava  Pippo  e lui,  colpito dall’aspetto di quel giovane, chiese al suo vicino chi fosse.
“E’ Pippo.”
“Il comandante?”
“Si, il comandante.”

     Lo stava guardando, in quel momento, stava guardando Pippo, e lui,  per una sua qualche ragione, stava guardando Pelo. Questi si mise a ridere, una risata sonora, inarrestabile; e tutti lo guardavano perplessi e non capivano e quando riuscì finalmente a  fermasi Pippo gli chiese:

“Perché ridi tanto?”

            Spiegò: rideva perché nel fondo valle tutti lo immaginavano molto diverso da quello che era ed il pensiero aveva scatenato la sua ilarità. Anche Pippo si mise a ridere, accompagnato dagli altri e Pelo si prese il primo cicchetto della sua vita da bandito perché, parlandogli, gli aveva dato del lei e lui non voleva:
“Da noi si usa solo il tu. Ricordalo!”

Ebbe  poi  modo  di conoscerlo bene, divenne uno  dei  suoi fedeli  e visse con lui tante e tante avventure.

(...)

            In seguito alla battaglia di Montefiorino ci fu un grande sbandamento e molti uomini riuscirono a fuggire rifugiandosi chi di qua e chi di là. Molti furono i fuggiaschi che  attraversarono la zona occupata da Pippo ed alcuni rimasero con lui, portando nuove  forze pratiche della lotta.

             Un giorno arrivò un gruppo  di  questi sbandati, erano una settantina e chiesero di potersi fermare. Permesso subito accordato, naturalmente, ma  ad  alcune condizioni:   dovevano sistemarsi in un gruppo di  capanne abbandonate site in un fondo valle appartato, non farsi notare  allontanandosi troppo, non dovevano in alcun  modo disturbare i contadini ed i pastori residenti nei dintorni. Questi erano persone che li avevano sempre aiutati come meglio potevano, erano loro amici ed alleati e loro ci tenevamo a che nessuno rompesse loro le scatole!

            Era il tempo in cui Pelo teneva il collegamento fra il suo distaccamento ed il comando e  tutti i giorni attraversava la zona nella quale si trovavano i nuovi arrivati e tutti i  giorni aveva occasione di parlare con i pastori e contadini del territorio e cominciava  a sentire delle lamentele: un gruppetto di  uomini si era presentato in una capanna, aveva preso, di  prepotenza, la pentola grossa ed alcune forme di formaggio e se ne era  andato. In un altro luogo avevano rubato delle coperte, o del pane, ad un tizio avevano portato via una pecora. Egli raccoglieva queste denunce ed altre ancora ed un giorno le riferì a Pippo.  Egli ascoltò serio, preoccupato, poi disse: “Domani mattina vieni con me.”

            (…)

            La mattina dopo partirono per tempo, Pippo e Pelo, e si  incamminarono verso la zona in cui erano rifugiati gli scampati di Montefiorino. Pippo volle essere prima guidato presso tutti coloro che si erano lamentati, ascoltò le loro lagnanze, volle documentarsi  con tutti e,  una volta sicuro, chiese di essere accompagnato da quegli uomini.

            Li riunì e parlò al loro capo e si fece sentire e bene. Ricordò i patti stabiliti e rinfacciò loro il comportamento tenuto. Ordinò di restituire tutto il maltolto, coperte, pentole, formaggio e tutto quello che non poteva essere restituito doveva essere pagato e se non lo fate torno qui con i miei uomini e vi do una  bella lezione. E più presto ve ne andate e meglio  è  per tutti.

           Fu un bel discorsino, piano, tranquillo,  come era suo costume, ma molto chiaro e serio e non lasciava dubbi in chi lo sentiva e chi lo sentiva capiva anche bene che con lui non era il caso di scherzare, su certi argomenti!

            Pelo lo stava a sentire: imparò molto, quel giorno, ebbe una bella lezione. Perché, pensava, noi siamo in due e  loro sono in settanta. E se ne dovranno andare, sono disperati,  dalle loro parti non possono tornare e dove vanno?

            E  si  trovavano davanti  Pippo  che,  con  lui al  fianco, dava loro una  dura, inflessibile lezione di comportamento: vi serve una  pentola? Basta  chiedere in prestito, domani la riportiamo. Avete  fame, volete una pecora? Ne abbiamo bisogno, la paghiamo.  Nessuno si rifiuta, quassù. Ma voi non avete fatto così: contravvenendo ai patti avete rubato, avete usato violenza ai nostri amici e ora restituite il tutto e ve ne andate!

            Loro erano in due gli altri settanta,  affamati, disperati, avviliti. Poi Pippo prese la strada verso il comando e Pelo dietro a lui: fu poco piacevole passare, dopo una simile scena, in mezzo a due file di uomini (settanta) che li guardavano scuri in volto. Bastava un colpo di fucile perché tutto fosse finito. Era anche troppo facile, in quel  momento, per  quegli uomini, ucciderli e sparire. E la tentazione, almeno per molti di loro, deve essere stata grande.

            Pippo continuò a camminare per la sua strada,  imperturbabile, e  Pelo  tirò un bel sospiro  di  sollievo quando infilarono il valloncello successivo e sparirono alla loro vista.      Dopo pochi giorni i settanta se ne andarono.
     Pelo confessa: quel giorno ebbe paura!

martedì 9 luglio 2013

PER NON DIMENTICARE

Come ogni anno, l'ultima Domenica di Luglio, si celebra a Pian di Novello un'importante ricorrenza assolutamente da non perdere:

sabato 15 giugno 2013

PER I SENTIERI DELLA LIBERTA'

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo la bella iniziativa dell'ANPI di Lucca:


L'IDEALE REPUBBLICANO DAL PRIMO RISORGIMENTO ALLE REPUBBLICHE PARTIGIANE

Non sono in molti a conoscere l'origine del nome di battaglia del Comandante dell'XI Zona Patrioti, Manrico Ducceschi. Infatti il nick "Pippo", che faceva seguito al primo "Pontito", proveniva da una profonda ammirazione degli ideali repubblicani e mazziniani da parte del giovane Manrico che volle così denominarsi in ossequio al grande italiano Giuseppe "Pippo" Mazzini. In questo contesto diamo, pertanto, volentieri notizia di questa interessante iniziativa dell'ANPI di Lucca:

domenica 9 giugno 2013

PELLEGRINO BERNARDI "PIRRO"


Da LA NAZIONE di Pistoia del 9 giugno 2013:

"HA COMPIUTO 90 anni un personaggio abetonese conosciuto da tutti, Pellegrino Bernardi. Anche se recentemente ha subito una importante operazione chirurgica Pellegrino non ha perso il suo spirito di sempre: d'altra parte la sua vita potrebbe essere un romanzo. Nato nel 1923 viene richiamato nel Regio Esercito e inviato in Jugoslavia da dove torna avventurosamente all'indomani dell'armistizio. Con l'occupazione tedesca matura la sua scelta di campo e diventa partigiano raggiungendo la formazione del mitico comandante Pippo (Manrico Ducceschi) assumendo il nome di battaglia «Pirro». Il 17 novembre 1944 insieme al suo compagno inseparabile Alfredo Bonacchi detto «Feo» resta accerchiato dai tedeschi a Casa di Francia nei pressi di Pian degli Ontani: dopo aver quasi finito le munizioni riescono a sfuggire guadagnandosi un diploma di benemerenza da parte della 5ª Armata Usa. ALLA FINE della guerra torna al suo mestiere di boscaiolo e trascorre la sua vita dedicato al lavoro e alla famiglia, senza però mai dimenticare di essere presente alle commemorazioni ed ai ritrovi coi suoi vecchi compagni d'armi. «Un giorno andai a trovarlo e lo intervistai: non ci crederete ma la nostra intervista è diventata un'amicizia speciale; il suo aiuto per la ricostruzione storica del periodo bellico è stato fondamentale per me», dice Daniele Amicarella, responsabile della delegazione toscana dell'associazione Linea Gotica - Officina della Memoria. «NELLA NOSTRA rappresentazione del diorama vivente della Linea Gotica tenutasi recentemente a Fiumalbo abbiamo un attore che interpreta il partigiano Pirro' e racconta gli episodi del fronte dell'Abetone». «MA LA COSA più incredibile  aggiunge Daniele Amicarella  è stata quando Pellegrino ha conosciuto il suo ex-nemico Alessandro Motroni da Mantova: accadde quando stavo scrivendo il libro Quelli della San Marco - sul fronte dell'Abetone' pubblicato dalla casa editrice Mursia nel 2005. Alessandro era uno di loro, uno della Repubblica Sociale. Eppure hanno avuto un dialogo, un confronto sfociato in una amicizia che dura tuttora. Una lezione di vita indimenticabile». Pellegrino ha così festeggiato con familiari e amici e fra le telefonate di auguri c'è stata anche quella del suo ex-nemico.

IL PROCESSO ALLA BANDA CARITA'



Come è noto, poco prima della sua morte, il Comandante Pippo era stato a Firenze e doveva testimoniare sull'operato molto sportivo di alcuni partigiani. Alla luce di questa premessa appare molto interessante l'articolo pubblicato da LA NAZIONE di Lucca del 9 giugno 2013:

"E' UNA di quelle brutte pagine di storia che vorremmo cancellare e che ha visto Lucca protagonista in modo indiretto. Come era già capitato per altri giudizi di grande rilevanza nazionale, la città fu scelta come sede del processo alla terribile "Banda Carità" che niente aveva a che vedere con le opere pie e che, invece, aveva imperversato a Firenze prima e poi a Padova, dopo la costituzione della Repubblica di Salò. Proprio nel periodo più cruento della guerra mondiale, la necessità del ricostituito regime fascista di ricompattare le forze, dette origine a Reparti di Servizi Speciali che a Firenze furono ribattezzati «Banda Carità», che si contraddistinse per i suoi metodi barbari con cui usava estorcere le confessioni alle sue vittime, che prima di essere passati per le armi venivano torturati. Il processo ebbe un primo pronunciamento a Padova nell'immediato dopoguerra dove furono comminate diverse condanne a morte ed ergastoli ma quello che avrebbe, invece, dovuto svolgersi a Firenze fu spostato a Lucca per motivi di opportunità e sicurezza. Solo il 23 aprile 1951 presso la Corte d'Assise di Lucca furono processati 204 imputati, quasi tutti i componenti della Banda, tranne il capo e qualche latitante. Fu un processo veloce, che riportò la città all'attenzione delle cronache nazionali, suscitando sconcerto e indignazione nella cittadinanza per i crimini commessi dagli imputati, ma il clima politico era già cambiato e la guerra era ormai un ricordo. In un paese che stava riprendendosi velocemente, il perdono e la voglia di cancellare quei delitti orrendi, alleggerirono il peso delle responsabilità degli imputati che se la cavarono solo con pochi ergastoli, tante assoluzioni e qualche condanna a trent'anni per gli oltre ottanta capi di imputazione che erano stati attribuiti. E se Lucca ebbe la fortuna di essere risparmiata dalle atrocità della Banda, dovette comunque sopportare altre pene peggiori e pagare un bilancio molto pesante alla guerra. Paolo Bottari

mercoledì 29 maggio 2013

IL CAMMINO PER LA LIBERTA’

Riceviamo e diamo volentieri notizia del seguente evento:
Giovedì 13 giugno 2013, alle ore 21.00, presso il Circolo Arci Milleluci, sala Dancing, via fratelli Cervi n. 4, Casalguidi (PT), con l’intervento del prof. Renato Risaliti, con il patrocino della Provincia di Pistoia, sarà presentato il libro “Il cammino per la libertà” dell’autore Roberto Daghini.

domenica 28 aprile 2013

RICORDI DELLA GRANDE GUERRA





UN APPELLO a chiunque avesse foto, lettere, cartoline o altro che risalga agli anni della prima guerra mondiale. A lanciarlo sono l'associazione «Storia e città» e «Amici della Forteguerriana», in previsione della giornata di raccolta e digitalizzazione delle memorie di guerra. L'appuntamento è per il 15 maggio a Roma alla biblioteca Nazionale. Il progetto, denominato «Europeana 1914-1918», coinvolge in Italia l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche del Ministero per i beni e le attività culturali. Ritenendo l'iniziativa interessante e opportuna al fine di salvaguardare la memoria di quanto la Grande Guerra significò anche per la nostra città, le due associazioni offrono la propria disponibilità a raccogliere i materiali che i cittadini vogliano mettere a disposizione per presentarli a Roma in occasione del collection day. I materiali saranno fotografati o digitalizzati e immediatamente restituiti ai loro proprietari. La consegna del materiale entro il 10 maggio alla Forteguerriana. Per informazioni: Teresa Dolfi, biblioteca Forteguerriana, piazzetta della Sapienza 5; numero di telefono 0573.371450/2 oppure scrivere a t.dolfi@comune.pistoia.it 


UNA MEDAGLIA PER LA MEDIAVALLE




Apprendiamo da LA NAZIONE del 28.04.2013 quanto segue:

"IL PREFETTO di Lucca Giovanna Cagliostro assegnerà per conto del Ministero degli Interni una «pubblica benemerenza al valor civile» alla popolazione della Mediavalle del Serchio come riconoscimento al coraggio e alla lotta sostenuta dalla cittadinanza durante l'occupazione, nel biennio di guerra 1943-1945. Il riconoscimento è stato annunciato al presidente dell'Unione dei Comuni Nicola Boggi, in occasione del 25 aprile, il quale ha subito espresso la sua contentezza e soddisfazione «perché ha dichiarato  riconosce il pesante tributo di sangue e di sacrifici che anche la popolazione del nostro territorio ha pagato per affrancare l'Italia dal nazifascismo». QUESTA onorificenza ripara in parte la delusione e l'amarezza dovuta al fatto che nel 2010 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva insignito della Medaglia d'Oro al Valor Civile sedici comuni della sola Garfagnana, sempre al merito della popolazione negli anni della guerra. Il fatto sollevò non poche polemiche e risentimenti, da più parti venne ricordato come la cittadinanza del territorio della Media Valle avesse pagato un contributo altissimo alla lotta di Liberazione, subendo in ogni comune sommarie fucilazioni e deportazioni. Il «pubblico riconoscimento» oggi attribuito anche alla Media Valle riporta un po' i fatti nell'ordine vero della storia della Resistenza e dell'eroismo dei cittadini ed è frutto proprio di una ricerca storica che il presidente Boggi, con la collaborazione dell'Anpi e dell'Istituto storico della Resistenza di Lucca, ha portato avanti in questi anni, inviandone poi tutta la documentazione a Roma al Ministero degli Interni. M.N."

domenica 17 marzo 2013

INAUGURAZIONE DEL MUSEO DEL RISORGIMENTO A LUCCA




Siamo lieti di comunicare che il Museo del Risorgimento, vera casa della memoria sul processo storico, sarà inaugurato oggi alle 11.30 a Palazzo Ducale dal presidente della Provincia Stefano Baccelli, dal presidente della Fondazione Crl Arturo Lattanzi, dell'Associazione nazionale combattenti e reduci Ettore Francesconi, di Assoarma Filippo Marchini, il coordinatore scientifico del Museo Luciano Luciani. La cerimonia si sposterà in Cortile degli Svizzeri per il taglio del nastro e la visita al museo (aperto domani fino alle 17 con visite guidate). Nel pomeriggio il cantastorie Gildo proporrà canzoni di argomento risorgimentale. 

mercoledì 20 febbraio 2013

GIGANTI BUONI




"ANCORA una volta Lucca è al centro delle attenzioni delle televisioni americane. Dopo il film di Spike Lee «Miracolo a Sant'Anna», arriverà presto un'altra pellicola statunitense dedicata alla storia dei soldati della Buffalo e della loro presenza in provincia di Lucca ed in particolare a Sommocolonia, nel comune di Barga.  QUI, nel piccolo paesino montano, i soldati di colore della Buffalo furono protagonisti e vittime della tragica battaglia del 26 dicembre del 1944 e proprio da questo terribile episodio prende spunto un film documentario che sarà prodotto dalla «Pacific Film Foundation», una casa cinematografica californiana no-profit. La decisione di realizzare questo lavoro nasce dopo la visita che a Sommocolonia ed in provincia di Lucca ha effettuato nei mesi scorsi il reduce Ivan J. Houston. Negli Stati Uniti gli echi di cronaca di questa visita, ed il ricordare quello che avvenne a Sommocolonia, hanno nuovamente destato attenzione nei confronti della storia dei soldati della Buffalo e da qui la decisione della «Pacific» di realizzare un film documentario sulla 92 ° Divisione Buffalo, dal titolo «Good Giants» (Giganti buoni).  DOMENICA scorsa è giunta a Lucca, ospite della signora Mattea Piazzesi, un'avanguardia della «Pacific» capitanata dal suo presidente Joe Hartnett (...). Con lui la signora Linda Smith ed un tecnico per le riprese. Nei prossimi tre giorni realizzeranno alcune interviste con effetti scenografici per montare un «trailer» promo da veicolare sui circuiti storico-militari americani; quindi seguirà la realizzazione del docu-film nella prossima estate. Per la realizzazione di questa produzione è stata richiesta la consulenza storico-militare per le fasi esecutive delle riprese del colonnello Vittorio Lino Biondi e la presenza dei «reenactors» della associazione Linea Gotica della Lucchesia. Insomma, un docu-film il cui lancio avverrà sulle tv americane. Biondi li accompagnerà a Lucca, in Versilia, a Borgo a Mozzano, al cimitero dei Falciani di Firenze dove riposano ancora tanti soldati della Buffalo ed infine a Barga e Sommocolonia ed a quanto è dato sapere proprio Sommocolonia sarà il fulcro su cui ruoterà questa nuova produzione: proprio per essere la più importante testimonianza storica del contributo bellico fornito dai soldati della Buffalo. Luca Galeotti "

Da LA NAZIONE, del 19 febbraio 2013, Cronaca di Lucca.

lunedì 14 gennaio 2013

IL MISTERO DEL PARTIGIANO SCOMPARSO



CHE FINE hanno fatto i resti del partigiano Lodovico Venturi? Se lo chiede da qualche mese sua nipote, Nadia Pacchioni, l'ultima della famiglia, rimasta a custodire una storia che non è solo un prezioso ricordo privato, ma un patrimonio che tutta la comunità pistoiese dovrebbe tramandare con orgoglio. Il giallo sulla scomparsa della salma è sorto l'estate scorsa, quando Nadia ha fatto richiesta di poter aprire la tomba dello zio, sepolto nel cimitero di Pracchia, per porre accanto alla sua la salma di un cugino che portava lo stesso nome, scoprendo così, che i resti del caro estinto non si trovavano più dove avrebbero dovuto essere. Al loro posto è stata trovata, infatti, una bara completamente zincata che contiene la salma di un giovane, il quale avrebbe, nell'arcata dentaria, un ponte in oro e in ceramica troppo moderno per essere compatibile con le cure dentistiche effettuate negli anni '40. Accanto a quella esaminata ci sarebbe un'altra bara, contenente le spoglie di un giovane, anche queste non compatibili con quelle del partigiano Venturi. «Ho scritto al sindaco Bertinelli e al capo di Gabinetto, Simone Ferretti  racconta Nadia Pacchioni , che mi hanno assicurato che avrebbero fatto ricerche anche sul DNA dei resti prelevati nelle due bare, ma poi nessuno mi ha più contattata. Mi sembra una cosa grave, anche in considerazione del fatto che c'è una legge specifica, la numero 204 del 9 gennaio 1951, che stabilisce che le salme dei caduti possono essere concesse ai familiari, qualora ne facciano richiesta, ma in ogni caso, non possono andare disperse». Lodovico Venturi, nome di battaglia «Molotow», morì il 16 settembre 1944 in località Olivacci, sulla strada che da Pracchia conduce a Porretta, vicino a Biagioni. «Lodovico  racconta la nipote Nadia  aveva solo 23 anni quando fuggì dalla Francia disertando. Riuscì poi a raggiungere Vaiano e a unirsi alla Brigata Bozzi, dove combatteva anche un cugino, Duilio Venturi». «POCO DOPO i partigiani decisero di compiere un'imboscata, in località Olivacci, a un convoglio tedesco con a capo il comandante della Linea Gotica proveniente dalla zona di Viareggio, che sarebbe passato sulla strada Porretta-Pracchia, in direzione Bologna. Lodovico  spiega Nadia  avrebbe dovuto uscire allo scoperto, salire sulla macchina del generale e ucciderlo, e così fece. Il generale ferito fu trasportato nell'infermeria della SMI e Lodovico, anche lui ferito, fu preso prigioniero. Mio zio fu preso, torturato sul posto, finito con un colpo di coltello alla gola, esposto sul muro della forra e piantonato per vari giorni nel tentativo di farlo riconoscere per procedere ad una rappresaglia. Tutti sapevano chi era ma non fu mai fatto il suo nome. Il generale comunque in punto di morte, probabilmente grazie all'intervento del direttore della SMI, Kurt Kaiser, pare che avesse ordinato di non fare rappresaglie sulla popolazione civile (i destinati alla fucilazione erano 100)» «LODOVICO fu sepolto dai tedeschi, nel bosco circostante, si disse con in tasca delle mine, con mani, testa e piedi fuori dal terreno, in disprezzo della vita del ragazzo che, secondo i tedeschi, non era degno neppure di un'umana sepoltura. Dall'altra parte, i compagni partigiani avevano fatto prigionieri due ragazzi tedeschi e, dovendo disseppellire Lodovico, pensarono che sarebbe stato più giusto obbligare i giovani tedeschi a farlo». «MIO NONNO PERSILIO  racconta Nadia  si oppose e scavò da solo la terra che ricopriva suo figlio con le mani. Le mine non c'erano o comunque non esplosero. Mio nonno non ha mai voluto descrivere il figlio, non volle più parlarne. Il funerale si svolse a Pracchia. Nelle foto che ancora conservo, si vedono anche alcuni compagni della Brigata Bozzi e la bara coperta dalla bandiera. Per noi il suo corpo avrebbe dovuto essere nel cimitero di Pracchia, accanto a quello di Augusto Paccagnini, un ragazzo fucilato a Monte Acuto». «Spero  dice Nadia  di vivere abbastanza da tenere in braccio un nipotino e, come faceva la mia nonna con me, spero di potergli dire: Ti racconto una storia, ma non una qualunque, la nostra storia...'». 

di MARTINA VACCA

da LA NAZIONE, cronaca di Pistoia, del 14.01.2013.