giovedì 25 novembre 2021

DAVVERO UN TRISTE EPILOGO

Chi segue da tempo questo blog sa perfettamente quanto siamo e siamo stati affezionati al Museo della Liberazione di Lucca. Il nome, non casuale di questo Museo, univa trasversalmente, senza etichette di "destra" o "sinistra", il popolo italiano. Portava infatti per mano il visitatore attraverso un preciso periodo storico: partendo dalle origini della I guerra mondiale, lo guidava attraverso le vicissitudini della seconda e oltre, in un modo che ti prendeva il cuore perché non trovavi glorificati personaggi politici di rilievo, come spesso ci si attende in un Museo, bensì la gente comune: dalle terre dei cimiteri italiani e esteri dove erano stati sepolti soldati italiani, alla sedia dove era stato fucilato il partigiano e che ancora recava il buco del proiettile, passando per tutte le bellissime, originali bandiere degli Stati che avevano combattuto a fianco dei partigiani nell'ultima guerra e, tra di esse, la vera bandiera di combattimento dell'XI Zona. Oltre a tutto questo, vi erano libri e documenti e una sala dedicata interamente alle donne che avevano dato il loro contributo, a volte pagando anche con la vita. In questo Museo, inoltre, visitatissimo dalle scuole e persino da stranieri, si erano tenute interessanti conferenze sulla persecuzione ebraica e la vicenda istriana. Insomma, un luogo di aggregazione unico nel suo genere che ben si integrava all'altro settore, più prettamente documentale, offerto dall'Istituto Storico, tuttora presente a Lucca. Il curatore di questo Museo, Carlo Gabrielli Rosi, forse con una lungimiranza che nemmeno lui aveva valutato fino a che punto, ci chiese a suo tempo di documentare ogni singolo pezzo del museo fotograficamente perché voleva farne un catalogo e mettere sotto ogni fotografia, la storia di quel reperto, dove lo aveva acquisito, chi glielo aveva donato. Purtroppo il tempo non giocò a suo favore e così questa seconda parte del lavoro non fu possibile effettuarla ma tuttora disponiamo delle foto scattate in quel particolarissimo Museo. Come i nostri lettori affezionati ormai sanno, dopo un tentativo di smantellare il Museo, riuscito vano, la Giunta Comunale garantì, come dimostrato da un articolo di giornale tuttora curiosamente sparito dalla rete, http://www.manricoducceschi.it/PIPPO/viewtopic.php?p=284&sid=0054f153f7d2325d1f6229509d7322d2, di ampliare e mantenere il Museo che nel frattempo aveva preso il nome di Gabrielli Rosi. Ma questa promessa, dopo un certo arco di tempo, e' stata infranta e il Museo chiuso. Avevamo già segnalato, con nostro grande rincrescimento, la cosa ma adesso apprendiamo che il Museo è stato del tutto smantellato e tutto il materiale non ci è dato sapere che fine abbia fatto. Presumibilmente la documentazione si spera che sia stata acquisita dall'Istituto Storico, ma tutto il resto? Vorremmo delle risposte, così come avremmo voluto anche che le parti che si definiscono a piena bocca "antifasciste", "depositarie della memoria storica" e "depositari del sacrificio di coloro che sono morti per combattere il nemico" si fossero indignati, avessero effettuato manifestazioni, avessero coinvolto la stampa e le TV per far conoscere a tutti ed evitare questo scempio. Invece niente. Non ci inoltriamo poi nella curiosa peculiarità che il Museo è stato smantellato proprio da una giunta di Sinistra perché la cosa ci porterebbe a considerazioni che invece lasciamo interamente a chi legge. Cosa fare a questo punto? Abbiamo pensato ad una petizione online per richiederne la riapertura ma non sappiamo che fine abbia fatto il contenuto del Museo: a suo tempo il Comune stesso prospettò di farlo finire imballato in qualche scantinato comunale per recuperarlo ogni qualvolta vi fosse una mostra a tema, ma adesso non sappiamo nemmeno se è andata così. Allora, per cortesia, non parlateci più di "antifascismo", riempendovi la bocca con frasi retoriche quando poi succedono, nella pratica, eventi come questo e ci chiediamo dove fosse l'ANPI di Lucca in quel frangente. E' un quesito che avevamo già posto in precedenza ma che a tutt'oggi non ha ricevuto risposta. Invece di celebrare, come è apparso in rete proprio in questi giorni, e giustamente, da parte di questa associazione del ricordo della scomparsa di una grande partigiana, forse dovrebbe anche ricordarsi che il primo luogo dove un partigiano, e non solo lui, dovrebbe essere ricordato è là dove vive il ricordo di quel periodo, dove vi ha lasciato il cuore perché un parente o un amico ha dato la vita e lo ricorda una sedia con il foro, è dove si può vedere un elmetto tedesco accanto ad uno americano, dove sventolano le bandiere di indiani, polacchi, canadesi e molti altri, che con entusiasmo donarono tramite il loro ambasciatore la loro bandiera... insomma, in quello che era e che nella nostra mente resterà per sempre il Museo della Liberazione e i loro detrattori se ne diano pace: dei loro nomi, della loro esistenza, non resterà alcuna traccia non solo ai posteri, ma anche nel decorso degli anni futuri. Di questo Museo, invece, resterà sempre traccia, finché ci sarà il nostro sito innanzi tutto, ma anche negli occhi di coloro che lo hanno visitato e che ne perpetuano il ricordo.