“Seconda stella a
destra, questo è il cammino … e poi dritto, fino al mattino. Poi la strada la
trovi da te, porta al … Museo che non c’è!” verrebbe da canticchiare,
parafrasando la ben nota canzone di Edoardo Bennato quando si pensa al Museo
della Liberazione di Lucca. E’ un Museo al quale sono personalmente affezionata
in quanto a suo tempo fui incaricata da Carlo Gabrielli Rosi, che ne aveva
curato l’allestimento originario, di repertare fotograficamente quanto ivi
contenuto, pensando di farne un catalogo, magari da mettere su Internet perché,
malgrado l’età avanzata, Rosi era di mente vivace e veloce, aperto a qualsiasi
innovazione che avrebbe potuto aiutare in qualche modo la divulgazione del
contenuto di quel Museo. E’ cosi’ che mi parlò anche della Bandiera della
Formazione, quella bandiera con l’asta rotta da un colpo di pistola durante una
battaglia, bandiera che però in ben altra commemorazione ufficiale, fu
rifiutata perché ne era stata fatta una nuova, addirittura con i caratteri dorati:
forse più bella esteticamente, ma più vuota di significato rispetto a quella
originale.
Dicevo, quindi, che
tanto caro mi fu questo Museo, da averne parlato ad amici di Milano, anch’essi appassionati
di storia nonché con lo stesso nome familiare, tanto da averli incuriositi e
così, desiderosi di visitare quello che, nel frattempo, era diventato un Museo
con tutti i crismi, con tanto di sito Internet ed apertura nelle Notti Bianche,
si erano apprestati a contattare la struttura per fissare una visita. Con mio
sommo stupore i miei amici mi dicono che nessuno ha risposto alla loro mail e
che il numero che compare sul sito risulta inesistente. Ma si sa, a volte chi è
molto impegnato e si perde nella Storia, è passibile di dimenticanza nell’aggiornare
le pagine web e così mi attivo per trovare un altro modo per contattare l’attuale
responsabile del Museo. Riesco nell’impresa, i miei amici concordano un
appuntamento ed entusiasti mi comunicano che proprio nel giorno della festività
della Santa Croce, andranno a visitare questo Museo, così ci diamo appuntamento
lì.
Passano 10 minuti, poi
mezz’ora, quindi un’ora… il ritardo si fa imbarazzante, anche perché al mio
arrivo trovo in fila un discreto gruppetto di turisti interessati anche loro alla
visita e che ci guardano speranzosi che, se noi siamo lì, allora sì, il Museo
aprirà … ma poi se ne vanno delusi dall’inutile attesa. Ovviamente il
responsabile risulta irreperibile, ha messo la segreteria telefonica e a niente
valgono i nostri messaggi lasciati nella speranza di una vana risposta. Così
alla fine ce ne andiamo, con grande delusione. Osserviamo che anche l’insegna del
Museo ha subito un atto dovuto alla scarsa presenza di personale: qualcuno ha
lanciato là sopra della vernice nera (e questo apprendiamo risalirebbe addirittura al 2014!) dimostrando,
oltre che di aver fatto un gesto assolutamente riprovevole, di non aver capito
che si può cancellare qualcosa che esiste, non qualcosa che, come nella canzone
di Bennato, probabilmente si trova soltanto … nell’Isola che non c’è, come, a
quanto pare, anche questo Museo sempre inesorabilmente chiuso.
Laura Poggiani
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