Ringraziamo
Giacomo Mrakic per averci permesso di pubblicare questa interessante storia
inerente suo nonno, Antonio “lo Slavo”, uno dei più fedeli e coraggiosi combattenti
dell’XI Zona Patrioti “Pippo”.
“
Certificato al patriota “inesistente”
Visto che si sta andando verso la ricorrenza del 25 aprile, voglio
raccontarvi una storia molto interessante che riguarda questo particolarissimo
documento in mio possesso: un certificato ad un patriota inesistente (o forse
no). Ma andiamo per gradi, nella speranza che la storia vi piaccia, e vi giuro
che ciò che state per sentire è tutto vero.
Mio nonno Antonio Mrakic, nel 1944, si trovava a Monte Cassino con l’esercito tedesco quando decise di disertare; ma la diserzione era qualcosa di veramente pericoloso, e si pagava con la vita, non è che i Tedeschi ci andassero di scartino con chi abbandonava l'uniforme. Per questo mio nonno si muoveva con grande cautela. Di notte camminava lungo gli stradelli di campagna, di giorno dormiva nei granai approfittando dell’aiuto di qualche bella contadina (ne ricordava una in particolare, che gli tinse i capelli, biondi, con del lucido da scarpe per permettergli di fuggire perchè i Repubblichini cercavano un "biondo") e, quando era stanco e meno fortunato, si riposava nei cimiteri, dove la gente a suo dire aveva paura, e quindi era più semplice per lui dormire senza paura di venire disturbato. Il suo obiettivo era quello di risalire la penisola per ricongiungersi alla sua famiglia che si trovava tra l’Austria e la penisola istriana (entrambe all’epoca sotto controllo tedesco) quando, ad un certo punto, venne catturato a Poppi.
Si, commise il classico errore del coglione, roba da film comico, se non ci fosse di mezzo la vita di una persona; stanco, entrò in un casolare in un bosco e, quando accese la lampada a petrolio che si trovava sull’ingresso, si rese conto che dentro ci stavano dormendo una decina di repubblichini. Inutile proseguire; fu portato ad Arezzo, pestato come una zampogna e si salvò dalla tortura solamente perché ebbe la fortuna di incontrare un ufficiale tedesco, al quale cominciò a gabellare una storia di spionaggio, razza ariana, operazioni sotto copertura, esoterismo e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente tutto questo discorso fu fatto in Tedesco, e questo gli salvò la vita. Ma rimaneva da capire chi fosse e perché era lì. La divisa era stata tirata alle ortiche precedentemente (per fortuna) e lo stesso i documenti. Peraltro pendeva sul suo nome una accusa di diserzione. Praticamente era un signor nessuno e bisognava verificare l’attendibilità delle balle (molte) che aveva raccontato per salvarsi la pelle. In attesa di capire chi fosse fu inviato a Firenze, alla Fortezza da Basso, adibita a campo di prigionia.
Quando gli fu chiesto come si chiamasse, il primo cognome che gli venne in mente fu "Cioppi" (forse per assonanza con Poppi, dove era stato catturato).
Alla fortezza da Basso però, oltre a numerosi prigionieri, operava in segreto la Resistenza. Venuti a conoscenza della situazione pericolosa in cui versava mio nonno, alcune anime pie (e che Dio le benedica per ciò che hanno fatto) riuscirono a procurare dei documenti falsi a mio nonno, il quale si era dichiarato alle autorità italiane come “Cioppi Antonio”. Con qualche magheggio si riuscì a creare dei falsi certificati ed ecco che Cioppi Antonio risultava esistente, e la vita di mio nonno era, per il momento, salva.
A seguito di un bombardamento che aprì una breccia nella fortezza, mio nonno riuscì fortunosamente a fuggire, riprendendo la sua strada verso nord. Sempre per puro caso mio nonno finì per unirsi ai partigiani della XIma zona, i quali, allertati anche da altri partigiani che fecero da garanti (all'inizio mio nonno avrebbe dovuto unirsi ad un'altra formazione partigiana), accolsero mio nonno venendone a conoscenza della sua identità. Ma se l’identità di mio nonno era chiara per i partigiani di Pippo, tanto da meritarsi il nome di battaglia di “Slavo”, non lo era per lo stato italiano, per il quale il partigiano “Slavo” altri non era che il signor Cioppi Antonio. Ed ecco che, complici documenti falsi rilasciati da autorità compiacenti, quando finì la guerra e il comando alleato decise di premiare i vari partigiani con il famoso certificato “Alexander” (che fu dato un po’ a tutti, compresi anche alcuni partigiani che lo diventarono il 24 aprile 1945 alle 23.59 dei quali mio nonno diffidava e dei quali potrei raccontarvi un paio di aneddoti interessanti che però lascio ad un altro anniversario), ecco che mio nonno si ritrovò il certificato al patriota intestato ad un’identità inesistente, o meglio, ad un nome che non gli apparteneva.
Solo nel 1947, due anni dopo la fine della guerra, grazie ad una sentenza del Tribunale di Lucca, per mezzo di dichiarazioni giurate di vari partigiani e dei genitori di mio nonno, il partigiano Cioppi Antonio tornò ad essere il Partigiano Anton Mrakic (perdendo però la C slava, ma questa è un’altra storia ancora).
Giacomo Mrakic
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