venerdì 1 luglio 2011

“PIPPO” FIGURA MITICA DELLA RESISTENZA LIBERA

 

Tratto da: “Pippo, il mitico Comandante dimenticato della Resistenza libera” in “LoSchermo.it” 20-04-2011 / FATTI & PERSONAGGI / NAZARENO GIUSTI

“…una figura importante come quella di Manrico Ducceschi e dei suoi uomini dell'XI Zona, unica formazione, ad esser aggregata dagli Alleati nelle loro operazioni successive, prendendo parte, così, alla liberazione di tutte le città del Nord fino a Milano.

Caso molto raro anche perchè gli Alleati preferivano smilitalizzare i gruppi partigiani ma, nel caso degli uomini di Pippo, fu diverso sopratutto per il "carattere essenzialmente apolitico e a fini militari e patriottici" della formazione che, comunque, accoglieva fra le sue file antifascisti di appartenenza o di estrazione politica eterogenea (dai giellisti ai monarchici, dagli anarchici ai comunisti e, ovviamente, i senza partito).
“Nella nostra formazione-diceva Pippo-non deve entrare mai la politica. Noi dobbiamo liberare l’Italia dalla tirannia”.

Questa sua linea di pensiero (e di azione) lo porterà a sottrarsi sempre più all'autorità dei CLN e a privilegiare rapporti diretti con emissari "badogliani" del governo del Sud ma, soprattutto, con gli Alleati; era infatti collegato, tramite il pistoiese Giovanni La Loggia (amico di Silvano Fedi ed agente dell' Oss paracadutato ed aggregato al suo gruppo), con l'intelligence americana, impegnata nel pesciatino (con le missioni "Berta" e "Carnation"), e grazie a ciò verrà rifornito con aviolanci ed allaccerà poi, "sul campo", ottimi rapporti con le truppe brasiliane e statunitensi; da questi ultimi sarà insignito, alla fine della guerra, della Bronze Star Medal.

Il pomeriggio di giovedì 26 agosto 1948, venne trovato impiccato nella camera della sua abitazione vicino alla Chiesa di San Michele, a Lucca. La versione ufficiale parlò di suicidio, ma sulle circostanze della sua morte (che risaliva a due giorni prima), molti dei suoi collaboratori nutrirono sempre dubbi, avanzando ipotesi di responsabilità e scenari fra loro molto diversi ed anche contrastanti.

Nei mesi precedenti il presunto suicidio Ducceschi era stato ricontattato, in piena guerra fredda, dagli americani, in quanto sembra disponibile a tornare in montagna con un gruppo selezionato di suoi collaboratori, nell’eventualità (allora molto temuta in ambito moderato), di una invasione sovietica del Paese.

Ma chi era questo Manrico Ducceschi, capace in pochi mesi di assurgere a comandante di una delle più importanti formazioni partigiane operanti nel centro Italia e in grado di guadagnarsi stima e fiducia da parte degli Alleati?

Nato casualmente a Capua l'11 settembre 1920, figlio di Fernando e Matilde Bonaccio (nativi di Pistoia), trascorse l'infanzia e l'adolescenza nella città toscana, dove conseguì la maturità classica al Liceo "Forteguerri". In seguito, si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia a Firenze, senza però terminare gli studi a causa della chiamata alle armi. L'8 settembre 1943, lo trovò a Tarquinia, allievo ufficiale del V Reggimento Alpini.

“Per la coscienza di molti giovani-scrive Carlo Onofrio Gori-l'Armistizio dell' 8 settembre 1943 e l'occupazione tedesca, comportando scelte drammatiche, furono come una cartina di tornasole: molti si nascosero o si defilarono; alcuni, per paura, fede o malinteso senso dell’onore, scelsero di aderire alla “repubblichina” fascista; non pochi seppero invece reagire e scegliere con maturità e sicurezza, in modi e tempi diversi, la strada della Resistenza. In alcuni emersero attitudini e qualità che altrimenti sarebbero forse rimaste per sempre sopite: ci sembra questo il percorso del pistoiese
Manrico Ducceschi” che, dopo aver fatto ritorno nella sua città, entrò in relazione con ex compagni di studi, militanti dei gruppi Giustizia e Libertà di Firenze, vicini al Partito d'Azione, dandosi successivamente alla macchia per partecipare alla Resistenza italiana con il nome di battaglia di "Pontito", formando (già a metà settembre) la prima "Brigata Rosselli"e mostrando, ben presto, insospettate doti di organizzatore.

In seguito, dopo avere assunto il nome di battaglia di Pippo, (riferendosi ad uno pseudonimo usato da Giuseppe Mazzini) assorbe alcune formazioni minori del Pistoiese e della Lucchesia e, il 16 marzo 1944, da vita alla formazione denominata "Esercito di Liberazione Nazionale -XI Zona Patrioti"; organizza i suoi uomini in settori, gruppi e distaccamenti, giungendo via via a coprire un vasto e nevralgico settore nella zona della Linea Gotica: dalla Val di Lima, all'Abetone, da parte
dell'Appennino modenese, alla Garfagnana ed alle valli del Pescia e della Nievole; rientra, tra l'altro, nel suo campo d'azione, la Statale 12 dell'Abetone e del Brennero, fondamentale per gli spostamenti delle truppe nazifasciste.

Sarà proprio qui che, l'8 giugno 1944, i suoi uomini compiranno una clamorosa azione in cui rimarrà ucciso l'ammiraglio Toyo Mitsunobu, addetto militare giapponese presso la RSI e saranno rinvenuti e poi consegnati agli americani importantissimi documenti , alcuni dei quali furono classificati come “Highly classified papers” (“carte altamente riservate”).

Questa azione, come molte altre, convinse gli Alleati a unire a se i Patrioti facenti capo a Pippo, con la promessa, comericorderà Lindano Zanchi, nel dopoguerra attivista del PCI pistoiese di tenere "l'onore delle armi e di combattere fino ai territori tedeschi, onore che non avemmo il tempo di godere perché quando stavamo per partire la Germania capitolò; cosicché l'onore delle armi ci fu consentito per il rientro alla nostra sede. Infatti, noi rientrammo all'Abetone con tutti gli automezzi ... e con le armi. Lì all'Abetone le depositammo per consegnarle".

In quel giorno di giugno, davanti al Cimone Pippo, come racconterà in un bel pezzo Bruno Sereni, "calvo, con i peli neri della foltissima barba contrastavano con il colore pallido del viso" parlò ai suoi uomini, mentre il "piccolo tricolore partigiano" sventolava mestamente "negli ultimi battiti".

"La guerra è finita!-disse-Il nostro compito è terminato. Ora urge lavorare. Solo con il lavoro costruttivo potremo essere ancora utili al nostro paese". E mentre diceva questo "gli occhi gli luccicavano".

Finiva lì una pagina e ne iniziava un'altra.

La vita riprese come prima, fino a quel maledetto giorno d'agosto. Il 28 agosto furono celebrati a Lucca "in forma particolarmente solenne" i funerali, un picchetto della Divisione "Friuli" gli rese gli onori militari.

Forte fu lo smarrimento tra i compagni di lotta, come rivela la commosso orazione tenuta dall’Avvocato Luigi Velani, già Aiutante Maggiore del Comando XIa Zona Militare Patrioti.

"Pippo sono tutti qua i tuoi ragazzi Ecco : son tutti qui i Tuoi fratelli che non vogliono, che non possono credere, con in cuore la disperazione, ma anche una netta decisione : quella che aspetti da loro: Noi ricordiamo, Pippo! Non dimenticheremo! (..) oggi ci sentiamo soli e disperati. Vedi, Manrico, son tutti intorno a Te i Tuoi ragazzi, ancora increduli, ancora incapaci di affermare e contenere tutta la loro tristezza. E questo pianto incontenibile ci fa quasi disperare di poter scorgere ancora la via senza di te, nostra guida, fratello buono, compagno forte”.

Ma poi, il ricordo di quei giorni di lotta, di quegli insegnamenti rinvigoriva l'Idea e la via, che sembrava aver dato spazio a un bosco di rovi, appariva nuovamente chiara davanti a loro; era la via che gli aveva insegnato Pippo, quella “dell’Onore, della Giustizia, della Libertà”.

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