domenica 5 febbraio 2012

LA RISPOSTA DEL SINDACO DI MARZABOTTO

Non si è fatta attendere una ferma replica di uno dei Comuni italiani colpiti pesantemente dalla vile rappresaglia nazi-fascista durante il secondo conflitto mondiale.





http://www.comune.marzabotto.bo.it/servizi/notizie/notizie_fase02.aspx?ID=2836

sabato 4 febbraio 2012

LA SCANDALOSA SENTENZA DELL'AIA


Una notizia sconvolgente che si commenta da sola:

da "il Giornale" del 4 febbraio 2012:

"La Germania della signora Merkel ha ottenuto di non risarcire le  vittime delle stragi compiute dai nazisti in Italia durante la  Seconda guerra mondiale. La Corte internazionale dell’Aia ha infatti  annullato, su ricorso tedesco, le sentenze di condanna emesse dai  tribunali militari italiani già rese definitive dalla nostra  Cassazione. Non siamo esperti diritto internazionale, ma ci  chiediamo in base a quale legge o norma si possa lasciare impunita  la barbarie di aver sparato su civili inermi, la maggior parte dei  quali anziani, donne e bambini. Ma ridurre la questione a un fatto  di malagiustizia sarebbe riduttivo. La Corte dell’Aia è di fatto un  organo politico, come tutti quelli dell’Onu di cui è diramazione.  L’Onu è nata per essere un super governo del mondo, da subito si è  dimostrata essere il centro di tutti gli intrighi, le malefatte e le  arroganze dei padroni del momento, un carrozzone più pericoloso che  inutile. In quel consesso arrogante i voti non si contano, si  pesano. E la Germania ha fatto pesare il suo ritrovato ruolo di  leader d’Europa. Vuole rimuovere, dimenticare di essere stata  nazista, e questo non è un male. Ma non può pretendere di farlo  sulla pelle di altri, perché altrimenti si pone sullo stesso piano  di forza, supponenza e violenza dei gerarchi al servizio di Hitler.  La Merkel ha preteso questa sentenza per l’onore della Germania, non  le mancavano certo gli spiccioli per risarcire gli eredi delle  vittime delle stragi. Ora serve che qualcuno difenda il nostro di  onore, la memoria degli italiani morti innocenti. Che triste questo  Occidente che si sta riempiendo la bocca con i diritti degli uomini  e poi calpesta per interesse e ossequio politico i princìpi più  elementari. Ho letto che il ministro degli Esteri Terzi ha  intenzione di non fare cadere la questione. Ci contiamo, e la sua  soluzione può essere solo una. Cioè che la Germania, può ancora  farlo, esegua spontaneamente quanto stabilito dalle sentenze dei  tribunali italiani. Altrimenti dovremmo dimostrare alla Merkel che  non siamo il Paese degli Schettino. I modi non mancano."

Ricordiamo, allora un altro procedimento in atto che, con questa sentenza, rischia di non produrre alcun esito.

Da "Il Tirreno" del 14 dicembre 2011:

"Eccidio della Romagna, si chiede giustizia

Oggi tre Comuni, due Province e la Regione si costituiscono parte civile al tribunale militare
di Candida Virgone
PISA. Tre Comuni, due Province e la Regione, insieme all'Anpi e a otto cittadini, chiedono giustizia nonostante siano passati 67 anni dai fatti, fatti come tanti altri finiti nel dimenticatoio di quello che è stato definito «l'armadio della vergogna». Per l'eccidio della Romagna, si costituiscono parte civile, oggi pomeriggio, nell'udienza preliminre che si tiene al tribunale militare di Roma, i Comuni di San Giuliano e Vecchiano, per il territorio pisano, e di Massarosa, per la Lucchesia, e ancora le Province di Pisa e Lucca, la Regione Toscana e l'Anpi. Con loro uno dei testimoni diretti dei fatti, che risalgono all'agosto del 1944, e sette discendenti delle vittime del massacro, assistiti in questa loro battaglia legale dagli avvocati pisani Andrea Callaioli e Luigi Bimbi. A Molina di Quosa, infatti, nella località detta La Romagna, sulla strada che porta ai Quattro Venti, furono radunate trecento persone, fra cui donne e bambini, per una presunta rappresaglia su civili inermi dovuta alla sola segnalazione, da parte di repubblichini, della presunta presenza di partigiani della Brigata Nevilio Casarosa sui Monti Pisani. Parte di questa gente, donne e bambini, riuscirono a salvarsi; altri 69, 68 uomini e l'insegnante di lingue Livia Gereschi, 34 anni, figura di spicco della storia della Resistenza a Pisa, furono trucidati nelle campagne fra Pisa e Lucca l'11 agosto; mentre un altro centinaio dei rastrellati morì nei campi di lavoro per la costruzione della Linea Gotica e in campi di concentramento in Germania. A ridosso dei fatti un'inchiesta fu avviata dagli inglesi e dai carabinieri, ma non si arrivò mai all'individuazione dei responsabili e fu archiviata. È stato possibile riaprire questo terribile capitolo della storia locale grazie al Progetto Memoria portato avanti negli anni dal Comune di San Giuliano insieme all'università di Pisa. Si ricostruì che a dare l'ordine fu un maresciallo delle Ss, Josef Exner, classe 1911, di origine polacca, che all'epoca aveva 33 anni, ma che oggi compirebbe proprio un secolo. Per questo il pm del tribunale militare di Roma aveva chiesto una nuova archiviazione dei fatti relativi all'eccidio, sostenendo che la persona oggi potrebbe essere scomparsa, richiesta respinta dal gip Luca Massimo Baiada, il quale ha ritenuto invece di procedere, data, per il momento, l'assenza di prova di questa scomparsa e date le testimonianze raccolte. In altri casi, come ad esempio per Sant'Anna di Stezzema, è stato chiamato a rispondere in via risarcitoria lo stato tedesco, che ha in atto tuttora un ricorso alla Corte di giustizia europea. «L'armadio della vergogna», contenente 695 dossier su crimini di guerra commessi in Italia durante l'occupazione nazifascista (dalle Ardeatine a Marzabotto), fu scoperto per caso in uno sgabuzzino, con l'apertura rivolta contro il muro, solo nel 1994 dal procuratore militare Antonio Intelisano, che si stava occupanto del caso Priebke."

venerdì 3 febbraio 2012

DEI PARTIGIANI DAVVERO... ESPLOSIVI!

Da "Il Tirreno" del 25 gennaio 2012.

"In bacheca degli ex partigiani c’erano le bombe vere
Massa: nella sede dell’Anpi, visitata dalle scolaresche, sono dovuti intervenire gli artificieri.

Esplosivi .Facevano bella mostra sotto il vetro di una bacheca da decenni, nonostante avessero una carica esplosiva tale da far saltare in aria la palazzina che ospita la sede dell'Anpi di Massa. I partigiani non ci avevano mai fatto particolarmente caso, abituati come erano da giovani a maneggiare quegli ordigni per difendere la libertà e scacciare l'invasore tedesco. Ieri mattina, in vista di un'esposizione sulla Resistenza e dell'imminente trasloco, però, hanno chiamato gli artificieri del Genio di Piacenza per liberarsi di una granata inglese, una bomba di mortaio italiana e una mina anti uomo teutonica. Oggettini, per così dire, che avevano fatto vedere a generazioni di bimbi in visita all'Associazione partigiana per capire cosa erano state la Seconda guerra mondiale e la Resistenza.

Sarebbe un'esagerazione definire miracolo il mancato scoppio degli ordigni da esposizione. Diciamo che sono stati messi in bacheca con troppa leggerezza. Anche perché quasi tutti i massesi hanno fatto un passo in quei locali, almeno una volta nella vita. Se non altro con la scuola. Secondo i militari che sono intervenuti - muovendosi col passo felpato per evitare movimenti bruschi - il proiettile da mortaio e la granata erano perfettamente funzionanti. La mina anti-uomo probabilmente, anche se per averne la certezza i militari dovevano aprirla. Per non sbagliare tutto è stato fatto brillare in una zona sicura poco distante dal centro di Massa. Ed è stato un bel botto.

L'intervento del Genio di Piacenza è stato chirurgico. Per capire quanto alto fosse il rischio esplosione bastava vedere come gli uomini guidati dal primo maresciallo Antonio Pinto maneggiavano quei residuati bellici. Hanno portato via anche il minuscolo granello di polvere da lancio aiutandosi con un pennello, per paura di fiammate che potessero ustionare qualcuno. E gli ex partigiani? I due vecchietti che hanno aperto la sede ai militari osservavano in silenzio l'operazione: «Sono sempre stati qui - hanno detto -. Però non potevamo portare anche quegli ordigni nella nuova sede. L'importante è che non si perda la memoria di quello che abbiamo passato».

Sotto quelle teche non c'erano solo oggetti pericolosi. Ma pure pezzi da collezione. Come la pistola da ufficiale tedesco (incute ancora timore) o la baionetta con tanto di fondina. Per non parlare dell'elmetto da SS. Questo materiale è rimasto ai partigiani, ma serve l'intervento del Comune per non perdere quello che può fare bella mostra di sé in un museo.

Danilo D’Anna"