martedì 28 gennaio 2014

Angelo De Fiore: un Questore giusto tra i “Giusti di Israele”

Giorno della memoria: il ricordo dell'ex questore Angelo De Fiore




In occasione del  ‘Giorno della Memoria’,  il Prefetto di Pisa,   dr. Francesco Tagliente, ha promosso una serie di eventi e manifestazioni dal 22 gennaio all’8 febbraio 2014.

In particolare, domenica 2 febbraio 2014, si svolgeranno alcune iniziative per ricordare il "Giusto tra le Nazioni" dr. Angelo de Fiore, già Questore di Pisa. Gli eventi vedranno la presenza del Capo della Polizia, Prefetto dr. Alessandro Pansa, dell'Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Naor Gilonsi, del Questore di Pisa, dr. Gianfranco Bernabei, del Sindaco di Pisa, dr. Marco Filippeschi e del figlio del commemorato, Paolo De Fiore.

Le cerimonie avranno inizio alle ore 10,30 in Questura, dove sarà scoperta una targa commemorativa. Alle ore 11,00 presso il Bastione San Gallo, recentemente restaurato dal Comune, inoltre, si terrà un momento rievocativo. Infine, alle ore 12,30, presso l'area verde ‘Porta della Città’ antistante l'Aeroporto ‘Galileo Galilei’, sarà intitolato ad Angelo de Fiore un giardino e sarà scoperta una scultura realizzata dal Maestro Rolando Stefanacci.


Le iniziative sono state organizzate in collaborazione con: il Comune e la Provincia di Pisa, il Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici Università di Pisa, la Comunità Ebraica di Pisa, gli Istituti Scolastici Comprensivi e Superiori della città, la Scuola Normale Superiore, la Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, le sezioni di Pisa di Aned, di Anpi, l’ANPPIA, l’Associazione Culturale ‘Il Mosaico’, l’Associazione Figli della Shoah, il Cineclub Arsenale e la Società Filarmonica Pisana.





CENNI BIOGRAFICI ED ATTIVITA’ SVOLTA DAL DOTT. ANGELO DE FIORE
Angelo De Fiore nacque a Rota Greca (CS) il 19 luglio del 1895. Dopo il matrimonio si trasferì a Roma, ove vinse il concorso per Funzionario di Pubblica Sicurezza. Negli anni tragici e difficili dell’occupazione nazista, prestò servizio, presso la Questura di Roma, quale dirigente dell’Ufficio stranieri e, attendendo a questo incarico, salvò centinaia di vite umane.
Come Palatucci a Fiume, creò un’artata confusione negli archivi: molti ebrei stranieri ebbero i nomi camuffati; decine di ebrei italiani furono regolarizzati come profughi dall’Africa Settentrionale. Carte false, incluse le tessere annonarie, elaborate con un tal “signor Charrier”, che poi nel suo ufficio ottenevano i timbri ufficiali e poi i permessi di soggiorno.
Testimonianze di questo suo operato si rinvengono sul libro “Il ghetto sul Tevere” ove si legge: “quel De Fiore si dimostrò un campione di solerzia nel mettere a disposizione degli instancabili investigatori tedeschi i suoi schedari, quelli che decideva lui, facendone sparire molti altri, quelli che per la Gestapo non dovevano esistere”.
Altre testimonianze atte ad evidenziare l’opera di Angelo De Fiore, si ricavano dai ricordi del figlio Gaspare e della figlia Enza.
Il Figlio Gaspare racconta che, allora diciannovenne, si trovava a Roma in piazza Mattei, in attesa del padre. Quando questi sopraggiunge, Gaspare sta per andargli incontro, ma è sorpassato da un uomo che correndo ed urlando qualcosa in ebraico si getta ai piedi del padre abbracciandolo alle ginocchia. Dai negozi, dai magazzini, dai portoni escono numerose persone, quasi tutte donne vestite a lutto, che si fanno attorno. Parlano a voce alta, concitati.
Uno di loro dice in Italiano: “E’ tornato il nostro Angelo Salvatore”. Ed un altro: “Gli devo la vita, gli devo la vita”.
Un altro ancora, un giovane, racconta a tutti: “Ero stato preso in una retata e portato alla pensione Jaccarino di via Tasso, avevo nome e documenti falsi, ma i tedeschi insistevano. Volevano che dicessi di essere ebreo, che qualcuno aveva fatto la spia, mi interrogavano, mi davano botte. Poi entra lui, mi dà uno schiaffo e mi grida: “Ti hanno preso eh? Cos’hai rubato stavolta? Lo conosco bene questo qua, un ladruncolo da poco. Mandatemelo in Questura. I tedeschi mi fecero uscire a calci”.
La figlia Enza ricorda che, finita la guerra, si recò in un negozio dietro Largo Chigi, al fine di acquistare un paio di guanti di pelle. Alla cassa, chiese quanto doveva pagare e la risposta fu: “ Niente signorina De Fiore” .
“ Come niente? E come sa il mio nome? “ esclamò sorpresa la signorina Enza.


“ Lei non mi conosce “ rispose la signora che stava alla cassa, “ ma io sono venuta tante volte a casa vostra per ringraziare suo padre. Diciamo così, questo regalo è pelle contro pelle “. Enza De Fiore quei guanti li ha conservati per tutta la vita.
Angelo De Fiore fu Questore di Forlì ( dal 7 settembre 1953 al 15 aprile 1955), Pisa ( dal 16 aprile 1955 al 31 gennaio 1956) e La Spezia (dal 12 agosto 1957 al 9 gennaio 1960) . Morì a Roma, il 18 febbraio del 1969.
Per il coraggio ed i sentimenti mostrati, nel 1954 fu insignito della “Legion d’Onore” della Repubblica Francese.
Già nel marzo del 1955, l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane così gli scriveva in una lettera: “La ringraziamo perché col suo fermo atteggiamento riuscì a salvare centinaia di ebrei, interpretando le inique disposizioni razziali con nobile ed umana sensibilità, collaborando con le organizzazioni ebraiche, noncurante delle conseguenze che tale atteggiamento addensava sulla sua posizione e sulla sua stessa vita”.
Nel 1966 il suo nome è stato inserito, al pari di quello di Perlasca e Palatucci, tra i “Giusti d’Israele” ed è scolpito sulla stele della Collina dell’Olocausto in Gerusalemme.

Il 2 maggio del 2004, il comune di Rota Greca ha dedicato un monumento al suo illustre cittadino.



A Pisa lo ricordano altresì alcuni pensionati del Corpo delle Guardie di P.S. in pensione: il Maresciallo Ibelli Gaetano, il Maresciallo Angioni Virgilio e l’Appuntato Dini Elio, che hanno lavorato con lui definendolo come  un uomo non qualunque, di alti valori umani, fino e discreto, colto al punto di saper parlare correntemente in latino e greco.


venerdì 17 gennaio 2014

CHE VERGOGNA!





Apprendiamo, non senza un vivo disappunto, da LA NAZIONE Cronaca di Lucca del 17 gennaio 2014 quanto segue:

 "UNA FIRMA. Semplicemente una firma di un dirigente comunale. Tanto basterebbe per aprire quella porta incredibilmente serrata da anni, un'offesa alla nostra memoria, nonostante una convenzione ventennale «chiavi in mano» sottoscritta nel maggio 2012 a favore dell'associazione Amici del Museo della Liberazione. Il risultato di una evidente e inspiegabile «non volontà» è che il Museo Storico della Liberazione a Palazzo Guinigi, in via S.Andrea proprio accanto alla torre alberata  migliaia di reperti donati dai privati, sale a tema, diorami  non può essere visitato da nessuno. Nemmeno nella ricorrenza del settantesimo anniversario della Resistenza, nemmeno se al Comune non costa un euro e neanche se, come ripete il direttore scientifico Andrea Giannasi, «noi siamo pronti». L'inghippo, almeno quello formale, è la mancanza di agibilità, lo stesso che avrebbe il museo Must che occupa i locali dello stesso Palazzo Mansi (al piano superiore) se il Comune non avesse ovviato, appunto, con la firma di un dirigente che si assume la responsabilità. Ma qui no. Perché? Qualche mese fa la commissione lavori pubblici, capitanata da Francesco Battistini, svolse un sopralluogo: avrebbe fatto risapere dopo 10 giorni. Silenzio totale.  POI È ARRIVATA un'altra commissione, quella di Lucca Civica. Ancora belle parole, grandi complimenti, possibilità, speranze, promesse. Niente. La logica sfugge, ma il direttore scientifico invita a far sì che i luoghi della memoria non diventino terreno di scontro. «Il nostro museo è pacifista, ogni diorama e ogni sala contengono elementi di condanna alla guerra  dice  . Non ci piace neanche quella senza armi. Cerchiamo solo il dialogo con l'amministrazione comunale, a cui vogliamo ricordare che noi ci siamo e siamo pronti». La prova del nove delle potenzialità dell'unico museo della Liberazione lucchese è avvenuta il 25 aprile scorso, quando le porte si aprirono e in sole 5 ore piovvero 800 visitatori. Giannasi ci fa da Cicerone nelle sale del museo nella sede che è di proprietà del Comune. Qui troviamo la manica della veste e le bende di Don Aldo Mei, gli antichi mortai, le armi, le lettere dai campi di concentramento, anche la prima copia del Notiziario Lucchese, l'unico giornale stampato dopo la Liberazione e il timbro del tipografo Giulio Angeli con il quale fu possibile falsificare i documenti che aiutarono la lotta partigiana.  E POI la sala con le uniformi americane, delle prime sigarette «Camel», delle lattine con gli spaghetti al sugo, le antesignane delle siringhe usa e getta, il primo macchinario ciclostile che stampò i manifesti a Lucca, la ricostruzione del campo di concentramento di Colle di Compito. Il museo, che nacque 25 anni fa grazie a Carlo Gabrielli Rosi, potrebbe aprire in orario continuato alcuni giorni la settimana, grazie al volontariato, senza chiedere neanche un euro al Comune. E ha un calendario di iniziative: il 7 febbraio ci sarà l'incontro con Erminia Licitri, ebrea italiana sopravvissuta allo sterminio della famiglia a Auschwitz. Basta una firma. Laura Sartini".




lunedì 6 gennaio 2014

PER NON DIMENTICARE

Ottima iniziativa a Pistoia per non dimenticare mai cosa significano la guerra e i bombardamenti: