Com’è noto, finora l’unica relazione sull’autopsia di Pippo in circolazione, pubblicata anche dall’Istituto Storico in una delle sue riviste, nonché nell’area riservata di questo sito, è quella redatta da Andreini, presente come testimone a quel momento delicato. Resta questo, però, pur sempre un resoconto, per quanto dettagliato, non ufficiale della cosa e pertanto, privo di qualsiasi valore legale. Per di più quella relazione è intrisa, in molti passaggi, da un evidente rancore di Andreini nei confronti di Pippo con il quale, pare, avesse discusso proprio pochi giorni prima della morte e non menziona affatto i punti salienti che possano incidere, in un senso o nell’altro, verso una morte non voluta.
Ma le autorità, spesso citate dalla voce popolare come poco scrupolose nelle indagini sulla morte di Pippo, cosa avevano rilevato? Davvero erano convinte sin dall’inizio della morte per suicidio del Comandante?
Al contrario di quella di Andreini, la relazione legalmente valida, in quanto redatta dalle autorità a fine agosto del ‘48, invece evidenzia diverse incongruenze con quello che, apparentemente, sarebbe dovuto essere il tipico quadro di una morte per suicidio da impiccagione.
Cosi’ viene rilevato che: “Stante la posizione del cadavere, che trovavasi a terra sotto l’architrave di una porta, con una cinghia stretta al collo, e data la presenza di abbondanti tracce di sangue sul pavimento, doveva non escludersi a priori la ipotesi delittuosa”.
Venivano così riscontrate anche alcune anomalie. Innanzi tutto, la camicia, che si presenta fuori dai pantaloni, è intrisa di sangue nella parte ove è poggiata la bocca del cadavere. Altre macchie di sangue si trovano in corrispondenza del colletto all’altezza dell’orecchio sinistro. Come si concilia questo quadro con una morte per impiccagione? La violenta stretta che blocca in modo traumatico la circolazione sanguigna arteriosa, può aver favorito delle emorragie tali da creare delle fuoriuscite di sangue dalla bocca e dall’orecchio così copiose?
Le stranezze proseguono. Leggiamo: “All’altezza della rotula, sui pantaloni, è presente una macchia biancastra verosimilmente dovuta a sfregamento sul muro o in terra e sulla parte destra si notano diverse macchie della stessa origine. Sulle scarpe da montagna, allacciate, vi sono tracce, sulla punta della scarpa sinistra, di strusciamento con tracce di imbiancatura da muro”. Qui il quadro si complica: come possono essere presenti tracce di sfregamento sul corpo? Oltretutto i rilevamenti precisano che il cadavere non è stato trascinato, pertanto la morte si è effettivamente verificata in casa, dove è stato rinvenuto. Ma la stranezza più grande appare allorquando si osserva che “Sull’architrave non si rilevano segni indicativi di strusciamento o di pressione di corda o di cinghia”. In altre parole, siamo di fronte ad un soggetto che, intendendo togliersi la vita impiccandosi, riesce a farlo senza che però la corda lasci alcun segno sull’architrave dov’è avvolta.
Sul corpo, inoltre, si nota l’esistenza di un solco in corrispondenza dell’intera circonferenza del collo con evidente impronta di parte della fibbia al di sotto del lobulo dell’orecchio destro. L’impronta della fibbia potrebbe in parte spiegare il sangue dall’orecchio… se non fosse che la rilevazione del sangue era a carico dell’orecchio sinistro!
Nessuno però si è preso l’onere di lasciar perdere le “voci di corridoio”, le testimonianze vere o presunte, gli scritti redatti a posteriori a beneficio di una vera e sistematica analisi della documentazione ufficiale esistente. Leggendo queste rilevazioni ufficiali decadono pertanto le fantasiosi teorie che vedrebbero Pippo ucciso al Ponte Sestaione e poi trascinato a casa e molte altre di questo tipo che via via abbiamo avuto periodicamente modo di leggere sui giornali messe in giro, per lo più, da chi non era testimone o da chi, per qualche suo motivo, voleva dare una traccia diversa da quella originale. Appare invece chiaro che, nell’ipotesi di un omicidio, chi lo ha effettuato è stato qualcuno a Pippo molto vicino o che lui conosceva bene, tanto da accoglierlo in casa in un’ora decisamente insolita.
Chi ha voluto descrivere questi avvenimenti, finora, si è dovuto affidare esclusivamente a racconti popolari, come James McBride, dove, nel suo “Miracolo a S. Anna” si ritrova a parlare anche della morte di Pippo. Il libro, sostanzialmente molto diverso dal film, come spesso succede, racconta infatti ben altra storia. Si parla, come storia secondaria, della vicenda del capo partigiano Enrico “Farfalla” Peppi e anche questi morirà tragicamente, tradito dal suo braccio destro che “…col suo complice, un mercenario gurkha, lo soffocava e lo appendeva al tubo di una doccia per fingere un suicidio, …” (James McBride, “Miracolo a Sant’Anna”, BURextra, Milano, giugno 2008, pag. 328).